giovedì 20 dicembre 2018

Quelle luci al di là del vetro


 C'è una cosa che più di tutte mi piace del Natale, il gioioso brillantare delle luci, quando i giardini, le case, le strade si illuminano di allegria. Le città divengono infinitamente più belle e non perché più luminose, ma assorbono l'energia che quelle piccole e molteplici lucine riescono ad infondere. Passeggiando per le vie del centro rimango spesso incantata come una bambina e spero di volta in volta che questo magico momento  possa durare il più a lungo possibile. E' come se ogni singola luce proiettasse all'infinito la vitalità delle persone allo stesso tempo desse slancio ad ogni nostra azione.

E così si amplifica quella sensazione di profonda curiosità che mi suscitano le luci al di là dei vetri delle abitazioni. La luce calda e soffusa di un salotto, quando fuori è freddo freddo, e immagino che proprio lì, qualcuno si goda un caffè, con una coperta sui piedi mentre le tende di broccato fanno intravedere solo alcuni dettagli, ma riesco a percepire il profumo del legno, di mobili antichi, del parquet tirato a lucido e in sottofondo una musichetta vagamente jazz, poi le scarpe, ancora lì ad aspettare nell'ingresso. La calma, il respiro lento posato sul divano, e quello scrittoio, ne intravedo solo l'alzata con i suoi cassettini pieni di segreti, è lì a dar sfoggio di sé, se mi sporgo un po' riesco a vedere i cuscini damascati dove il vivace jack russel ama affondare con grande soddisfazione il suo umido musino.
Poi alzo gli occhi e la luce fredda della cucina mi apre un nuovo scenario, qui siamo già ai fornelli, i ritmi sono incalzanti, i turni snervanti, le cose da fare e rimaste indietro si accumulano stanza dopo stanza. Lo sguardo è rivolto poco più in alto alla stessa palazzina e solo pochi piani più su non si respira nessuna aria di relax, solo di un frenetico via vai di cose da rincorrere, di tempi serrati di una giornata non ancora finita. La luce fredda di quella stanza evoca panni da stirare, piatti da lavare, e le tendine tristi la enfatizzano, sembrano prendere vita,  battere forte sui vetri le trine e urlare, ma una mano con forza le apre, uno sguardo involontario mi sorprende, mi desta con violenza dai miei scenari. Un gioiello al collo così luminoso da abbagliarmi, un volto di donna assorto nei pensieri, una messa in piega appena fatta, no quella luce al dì là del vetro ha aperto ancora un nuovo capitolo. 

Riprendo i miei passi, ci sono ancora e ancora luci e finestre aperte, su tante infinite storie, quelle luci che con i loro colori mi danno, anche solo, per un instante il potere di immaginare le tante vite oltre una luce accesa.



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